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Recensione:

Una lettera da Monaco, Meg Lelvis

Dopo qualche tempo di assenza torno per raccontare una recente lettura assai significativa, in parte diversa da argomenti storicamente meno recenti o da trame gialle. Tuttavia, in un certo qual modo, abbiamo indagine e una narrazione che si muove tra passato e presente, oltre al fatto che l’autrice del libro di cui vi parlo ha creato un personaggio che ha reso protagonista, in altri volumi, anche di alcune indagini vere e proprie e storie poliziesche.

Oggi, infatti, voglio parlarvi di un intenso e bel romanzo edito da Vintage Editore, testo che ho avuto modo di conoscere in anteprima al Salone del Libro, e di cui ringrazio molto la casa editrice per la copia e il privilegio della lettura.


Si tratta del libro che inaugura la nuova collana Vintage War: Una lettera da Monaco di Meg Lelvis.
Il romanzo si muove tra la contemporaneità e, tramite lettere e racconti, gli anni della seconda guerra mondiale.


Ecco qualche anticipazione sulla trama


Jack Bailey è un ex poliziotto americano che conserva il ricordo doloroso di un padre, morto tempo fa, che non è affatto quello che vorrebbe, sono memorie amare composte di alcol e scatti d’ira.
Nelle ultime settimane la madre di Jack ha ritrovato una scatola di oggetti del marito e la ha affidata ai suoi due figli maschi: possono controllare, forse c’è qualcosa che vogliono conservare. E, dopo un primo sguardo distratto, i fratelli ritrovano una fragile lettera, da Monaco, in parte in un inglese semplice e tedesco, spedita dalla Germania e scritta da una donna, Ariana Shroder. Le parole non lasciano dubbi circa una conoscenza molto intima: che sia un amore passato del defunto padre, allora già sposato?


I due fratelli sono increduli davanti all’ipotesi di una storia fuori dal matrimonio e in terra germanica proprio durante la guerra che il padre ha combattuto. Il tutto con ancora vivo quei suoi ricordi non facili, né affettuosi. Così i due Bailey decidono che Jack andrà in Germania a cercare informazioni sulla donna della lettera.

L’ex-poliziotto ha pochi indizi, una città, un nome di donna (forse morta?) , e sa che il padre ha combattuto come soldato in Germania e che giunse, con la propria divisione, a Dachau.

La scusa ufficiale, soprattutto per la madre, è quella di una vacanza con l’amico e collega Sherk dai suoi parenti tedeschi, per visitare pure qualche luogo che vide il padre.

Jack sa, in teoria, che il genitore deve aver vissuto qualcosa di terribile ma il ricordo dei suoi comportamenti successivi è quello più vicino e vivo nella sua mente.
Jack, con l’amico Sherk, arriva in Germania, conosce i parenti del collega e viene da loro accolto con affetto. Dopo i due inizieranno la loro particolare indagine.
I due uomini, ognuno con le proprie preoccupazioni e ferite, cominciano la ricerca della donna che era entrata in contatto con il padre di Jack. L’ex poliziotto è diviso tra il desiderio di sapere e il timore di ciò che potrà trovare, mentre molti di coloro che incontra hanno un grande pudore e riservatezza sull’argomento del conflitto.


Poco alla volta, tramite i racconti di Renate, Jack e noi con lui, sapremo la verità su suo padre e Ariana. La ragazza faceva parte famiglia all’apparenza come tante, che viveva nel paesino di Dachau.


La narrazione storica segue, attraverso le vicende dei protagonisti, il consolidarsi del nazismo, tanti strani cambiamenti, i genitori, la guerra e, infine, la conoscenza tra Ariana e il padre di Jack.
E avremo modo di scoprire la voce di entrambi. E di addentrarci con l’ex poliziotto nelle scene terribili che entrambi videro e l’uomo dovrà valutare la possibilità di fare pace con l’immagine paterna, una volta conosciuta realmente la sua esperienza, che visse in un’età assai giovane.


Ringrazio davvero di cuore Vintage Editore per avermi offerto la possibilità di conoscere e leggere questo romanzo.


È un bel libro, intenso, a tratti con descrizioni più crude, che parla della guerra, dell’orrore, ma anche della possibilità di riprendere e ricominciare una vita dopo tanto dolore visto o vissuto e di come i protagonisti possano superarlo, o tentare di farlo, senza rimuoverlo.
Un romanzo che parla di Storia, di una delle sue pagine più inquietanti, che si sofferma anche su reduci e sopravvissuti, sulle ferite profonde e cicatrici che una guerra lascia nel corpo, nell’animo e nella psiche delle persone. E dei loro familiari. E del tempo necessario per superare tutto ciò per sopravvivere, senza tagliarlo via, di come certi vissuti si portino qualcosa dietro oggi.


Ci sono alcune pagine tratti dolorose ma seguite da altre con una speranza.
Sono letture e argomenti che non sempre affronto a cuor leggero ma che servono. Un libro che va affrontato nel momento giusto e che conclude non con solo dolore ma con la speranza che ne nasce e la riscoperta dei rapporti umani, e come siano loro a fare la differenza e a portare avanti speranza e speranza consapevole.
Aggiungo che credo possa essere una lettura che si può prestare per proseguire la conoscenza e come strumento anche dal punto di vista più “didattico“, che grazie a una narrazione e traduzione interessante ci porta a scoprire aspetti più umani della Storia studiata e nota. Il libro fornisce poi spunti interessanti, crea l’occasione per approfondire tramite le sue pagine argomenti particolari, che non sempre emergono nella trattazione più comune, su tutti l’Aktion T4.


Insomma un libro intenso che è bello conoscere e che affronta un argomento doloroso tramite le storie umane delle persone protagoniste, una lettura utile, bella e significativa, che offre uno sguardo sulle vite quotidiane delle diverse persone in quegli anni, di scelte, impotenze, paure e molto altro.

Indubbiamente un romanzo che potrebbe prestarsi assai bene per una serie tv o una trasposizione cinematografica per conoscere di più su questo periodo storico.